Quando, alla squadra del cuore capita di subire una sconfitta c’è sempre il rischio, concreto, che subentri un po’ d’ansia. In realtà, se a vincere è stata la squadra dimostratasi migliore per qualità di gioco e di coloro che lo hanno interpretato, bisognerebbe soltanto complimentarsi con loro rimandando l’analisi di ciò che si è fatto e su quanto non sia stato possibile produrre per la mancanza di uomini e, chi lo sa, di idee. Vero che l’insuccesso è arrivato nel momento in cui la partita si andava spegnendo, senza dimenticare che finisce solo ai tre fischi dell’arbitro. Detto ciò, non sarebbe neanche giusto archiviare il risultato facendo orecchie da mercante. L’Orvietana ha una classifica buona, costruita attraverso due prestazioni diverse. Quella con l’Ostiamare, nella quale chi è andato in campo dette il meglio del meglio con un avversario più attento a specchiarsi che a mettere concretezza, l’altra a San Donato capitalizzando l’unico goal e approfittando del vantaggio portato dalla superiorità numerica. Il Montevarchi, reduce da due sconfitte consecutive rimediate con squadre che vanno per la maggiore (Siena e Ghiviborgo), ha fatto vedere, fin dalle prime battute, di conoscere i nostri, sia pregi che difetti e avevano preparato le contromisure adeguate. Certo, che se il bagaglio tecnico è di un certo livello anche il lavoro di chi dirige dalla panchina diventa più semplice. Però, non riuscendo a capitalizzare tale superiorità nel loro momento migliore, hanno offerto all’Orvietana, disposta con assetto più consono rispetto all’inizio, di mettere il naso fuori a proporsi con un po’ più di continuità nella metà campo avversaria. Resta da capire e non arriviamo a tanto, se quanto fatto dai biancorossi nel corso del secondo tempo è il meglio che la squadra può dare in questo momento. Dove c’è Proia cui si chiede un po’ troppo, un attaccante, Panattoni, anzi due perché Caon è bravo altrettanto, ma necessitano di adeguati rifornimenti per sfruttarne al meglio le caratteristiche. Abbiamo un pacchetto difensivo all’altezza, con Rossi, Congiu, Caravaggi sugli scudi e Paletta e Berardi degni comprimari. A centrocampo le cose dovrebbero funzionare un po’ meglio. Nessuno fra quelli che giocano in mezzo merita di essere bandito dal gruppo. Purtroppo, quelli visti fino ad adesso, non sembrano avere le prerogative per completarsi a vicenda e ritmi di gioco che li penalizzano come sulle “seconde palle”. Chi di dovere ha certamente l’occhio più lungo per arrivare a soluzioni positive. Col Ghiviborgo, domenica prossima, sarà altrettanto dura. Comunque vada non bisognerà scomporsi.

Foto di Emanuele Ubaldi

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